Il Secondo piano Nobile

Il secondo piano nobile, abitato in una prima fase da Paolo Battista Interiano ha una struttura simile dal punto di vista architettonico. Anche in questo caso, infatti, il piano si apre con un bellissimo loggiato che si struttura nuovamente con due riquadri ottagonali sulla volta, affrescati dai Calvi. 

In questo caso il soggetto protagonista è il figlio e successore di Davide, Salomone, rappresentato nel momento dell’Incontro con la regina di Saba e nell’Adorazione degli idoli

Intorno sono descritti altri episodi della vita del re e altre quattro figure allegoriche: Scultura, Eloquenza, Astronomia e Pittura. Il secondo ottagono e le figure dell’Astronomia e della Pittura sono tuttavia attribuibili alla mano di un altro artista, Giovan Battista Carlone, che venne probabilmente chiamato dalla famiglia Centurione a riparare un danno sulle precedenti pitture di fine Cinquecento.

Salone da Ballo

Dal loggiato si accede poi al meraviglioso salone, vero e proprio centro del palazzo. Dell’originaria decorazione ad affresco si conserva oggi solamente il grande riquadro centrale dedicato alla Battaglia tra Costantino e Massenzio, con cui si concludono i cicli affrescati dedicati all’affermazione della fede cristiana che doveva in origine essere il filo conduttore dell’intero ciclo della parete. 

La scena racconta il celebre scontro già descritto da Piero della Francesca negli affreschi delle Storie della Vera Croce nella cappella maggiore della Basilica di San Francesco ad Arezzo e fa riferimento a uno degli eventi più importanti della storia del Cristianesimo. Durante il periodo della Tetrarchia, secondo la volontà degli imperatori Diocleziano e Massimiano, il figlio del secondo, Massenzio, e suo cognato Costantino avrebbero dovuto subentrare come cesari di Costanzo e Galerio. Tuttavia, mentre Costantino venne riconosciuto come imperatore dopo diverse vicende, Massenzio si autoproclamò con la forza andando a inimicarsi lo stesso Costantino. Influenzato dal senato, dopo aver riunito un grande esercito, Costantino decise quindi di attaccare l’imperatore autoproclamato e lo sconfisse definitivamente sul Ponte Milvio, entrando a Roma da unico vero imperatore e favorendo successivamente la sua religione, il Cristianesimo, promulgando con l’Editto di Milano del 313 la libertà di culto nell’Impero Romano. 

La scena è composta in maniera compatta, con l’esercito di Costantino a sinistra che avanza deciso e vittorioso dietro l’imperatore. I soldati sono rappresentati per lo più a cavallo, raggruppati fittamente in un groviglio dal quale spuntano i fastosi cimieri degli elmi ed una foresta di lance e di bandiere colorate. La carica è vigorosa e gli uomini di Massenzio non possono fare altro che ritirarsi. 

Pantaleo Calvi costruisce la scena riprendendo nuovamente gli stilemi di Luca Cambiaso andando così a rappresentare la scena della battaglia in modo armonico, testimoniando una tecnica avanzata basata sulla ricerca della prospettiva e sull’importanza del disegno preparatorio.  Del resto, Pantaleo è insieme a Lazzaro il pittore stilisticamente più evoluto della bottega dei Calvi, la famiglia di artisti che, insieme a quella dei Semino, riceve la maggior parte delle commissioni pittoriche a Genova alla fine del sec. XVI. 

Ma la decorazione della volta non è l’unico elemento artistico presente nel grande salone. Alle pareti laterali sono infatti apposti due splendidi arazzi fiamminghi risalenti alla metà del Cinquecento e raffiguranti il mese di Settembre e di Ottobre. Le due decorazioni erano in origine appartenute ad Andrea Doria e fanno parte di un ciclo più grande smembrato nell’Ottocento, ma di cui esistono ancora vari pezzi tre dei quali ancora di proprietà della famiglia Doria Pamphilj. Meritano poi di essere menzionate le due belle statue lignee raffiguranti Gloria e Verità e firmate dal più importante scultore ligure su legno del Settecento genovese: Anton Maria Maragliano. Un tempo rifinite con un coloritura bianca in marmorino, per illudere lo spettatore che si trattasse di opere in marmo, vennero poi dorate nel corso dell’Ottocento, quando pervennero in questa collezione dal palazzo Imperiale Sauli De Mari di Campetto.

Il salone ha sempre avuto funzione di rappresentanza. Qui venivano accolti gli ospiti della Repubblica di Genova e qui venivano realizzate le più importanti feste organizzate dai Vivaldi Pasqua prima e dai Pallavicino poi, come testimonia ancora oggi l’iscrizione sopra al portale di ingresso che descrive il ballo del 13 settembre 1892 tenuto in onore della famiglia reale italiana in visita a Genova per le celebrazioni del quarto centenario della scoperta dell’America.

Sala da Pranzo

La sala da pranzo presenta sulla volta l’ennesima decorazione ad affresco realizzata nel corso del Cinquecento dalla famiglia Calvi. 

E ancora una volta il tema dei dipinti è quello di celebrare allegoricamente una virtù, quella della continenza. Il soggetto del riquadro centrale è infatti Scipione che restituisce i doni e la fidanzata ad Allucio, un episodio avvenuto al termine della conquista di Cartagena in Spagna, quando il condottiero romano rifiutò i doni ricevuti come vincitore di guerra rendendo ai vinti i premi conquistati, e mostrando in questo modo la dote della clemenza che gli permise di ricevere il rispetto dei popoli appena sottomessi. Il riquadro centrale è solo l’ultima scena del ciclo che presenta ai lati tutte le varie operazioni della conquista di Cartagena, dall’assedio, alla battaglia, alla definitiva sottomissione della città. 

Gli affreschi dei Calvi, ancora ottimamente conservati, sono inseriti all’interno di una partitura realizzata nel 1932 da Luigi Gerolamo Leggero dove le finte cornici sono realizzate seguendo un modello di gusto antico, dove spiccano gli stemmi della famiglia Pallavicino e della famiglia Corsi, che avevano avuto un’unione nella figura della marchesa Teresa Corsi Pallavicino nel corso dell’Ottocento.

Salotto dei Lapislazzuli

Un particolare ambiente del secondo piano nobile del palazzo è quello del Salotto dei Lapislazzuli, così definito per via della presenza della preziosa pietra all’interno del grande tavolo da muro, delle tre mensole angolari e del camino in marmo presenti nella sala. 

Tali arredi sono stati progettati a fine Ottocento da Annibale Angelini, che è anche l’artista che decora la volta rappresentante le Arti Liberali e incorniciata in stucchi che servono a simulare una costruzione tardobarocca che rievoca la tradizione pittorica genovese. 

La stanza è anche il primo ambiente del palazzo che ospita l’importante quadreria dei Pallavicino, qui testimoniata in particolare da due grandi scene di genere cinquecentesche di Frans Snyders. Completano la decorazione del salotto le porcellane di manifattura europea ed orientale di origine settecentesca e ottocentesca.

Galleria

Non prevista nel progetto architettonico iniziale del palazzo identificato nelle piante del Rubens, la galleria risale probabilmente agli inizi del Settecento, quando in Europa esplose la moda di creare questi lussuosi ambienti sul modello della Sala degli Specchi della Reggia di Versailles. 

Sebbene originariamente affrescata, oggi la galleria si presenta nel suo aspetto neorinascimentale progettato da Angelini, sul quale Luigi Gerolamo Leggero a inizio Novecento ha inserito una finta prospettiva architettonica di gusto tardobarocco che richiama la tecnica utilizzata dai pittori quadraturisti. 

Oltre a mobili e porcellane di pregio situate ai lati dell’ambiente, la galleria contiene anche alle pareti importanti dipinti su tela realizzati da artisti come Nicolas Maes e Domenico Fiasella, autore della bella Natività. Ma l’elemento artistico principale della stanza è probabilmente la statua lignea dell’ambito di Filippo Parodi rappresentante Giove.

Salotto della Cappella

Esterno al corpo principale dell’edificio cinquecentesco, il Salotto della Cappella è caratterizzato da una decorazione pittorica realizzata a inizio Ottocento, nel periodo in cui il palazzo era di proprietà del duca Pietro Vivaldi Pasqua, da Filippo Alessio e inserita all’interno di una decorazione a finti cassettoni creata da Michele Canzio. 

L’ambiente viene così definito per via della cappella presente nella parete posteriore dietro alla bella tenda settecentesca di manifattura turca e caratterizzata dalle decorazioni scultoree in rilievo di uno dei principali artisti attivi a Genova nel periodo del Neoclassicismo come Nicolò Traverso, che qui raffigura alcune Storie della Vergine, tra cui l’Annunciazione, lo Sposalizio e la Presentazione al Tempio.

La sala risulta, però, essere particolarmente importante soprattutto per ospitare una delle principali opere pittoriche conservate nel palazzo: il dipinto raffigurante Giuseppe Spiega i sogni, opera di Bernardo Strozzi. 

Questa tela dalla straordinaria vitalità evidenzia tutta l’abilità stilistica di un artista in grado di rivoluzionare la pittura barocca genovese con la sua capacità di creare giochi di luce ed effetti cromatici innovativi. Realizzata probabilmente durante la sua attività a Venezia, l’opera è tra le meglio riuscite del Cappuccino che riesce a interpretare al meglio il significato allegorico del soggetto. Ma l’opera dello Strozzi non è l’unica degna di nota all’interno del salotto, che contiene anche due tavole cinquecentesche di Agostino Calvi e una bella tela di Luca Giordano raffigurante il Sogno di San Giuseppe.

Salotto Giallo

Nel lato dell’edificio contiguo a Palazzo Ayrolo Negrone si trova questo particolare salotto decorato con tappezzeria in seta gialla e dipinti murali ottocenteschi di Francesco Gandolfi, Giovanni Quinzio e Federico Guidobono. 

Ma quello che spicca all’interno della stanza è soprattutto la quadreria che presenta capolavori come la Rebecca ed Eleazaro di Gregorio de Ferrari oltre alle quattro Storie del figliol prodigo del pittore fiammingo Cornelis de Wael. 

La stessa quadreria prosegue nel salotto contiguo, soprannominato Salotto Rosso per via nuovamente del colore della tappezzeria, che presenta alle pareti ritratti del pittore genovese Anton Maria Vassallo e del brillante artista austriaco settecentesco Anton Von Maron.